SALVARE O SALVARSI?

Il lato oscuro di una certa idea di benessere animale

In continuazione sui social ci si imbatte in annunci di cani che vivono nei canili o per strada o per i quali si debba scongiurare il canile.

Tutti volontari volenterosi che utilizzano il verbo SALVARE.

  • Salvare la vita a questi poveri pelosetti

  • Salvare questo cane di 13 anni vissuto sempre in canile

  • Salvare un cane che vive per strada

Salvare

Salvare

SALVARE!

Anche gli educatori cinofili hanno optato per il verbo verbo ‘salvare‘.

Dispensano perle di saggezza difendendo a spada tratta ogni metodo, lecito o meno, da utilizzare quando si tratta di cani dei canili perché bisogna ….

indovinate un po’?

  • Salvare quei cani

  • Salvare quel cane, perché il collare a strozzo è lecito

  • Salvare quel cane perché non ha più tempo

Salvare significa trarre fuori da un pericolo, da una minaccia, preservare.

Il mio pensiero corre subito a tutti questi cani da ‘salvare‘ ad ogni costo, e ne ricerco le motivazioni.

  • Bisogna salvare un cane che per 12 anni ha vissuto in un canile perché anche se conosce la città o non ha idea di una vita fuori dalla gabbia è necessario Salvarlo dalla gabbia. Non è importante se conoscerà la sua famiglia adottiva solo dopo ore di una bella staffetta.

  • Bisogna salvare quel cane che vive in strada perché qualcuno si è lamentato e lo minacciano e potrebbe morire o potrebbero portarlo in canile in una gabbia.

  • Bisogna salvare quel cane con cui il 'Rambo della cinofila' sta lavorando in canile. Deve entrare nella sua gabbia, anche se il cane non è molto ospitale. Bisogna salvarlo dalla gabbia a tutti i costi. Quindi la classica corda a strozzo lo aiuterà e potrà uscire dalla gabbia! Il 'Rambo della cinofilia' continuerà a salvare quel cane sempre utilizzando la corda a strozzo.

Salverà tutti gli altri cani del canile sempre con lo strozzo perché il tempo in canile è tiranno e corre molto più veloce che altrove e questo è l’unico mezzo che diventa lecito ed universale per tutti i cani!

Queste motivazioni sono prive di spessore e fuori dalla realtà. Sono piene di giustificazioni e di un modo antico e ridondante di gestire e pensare ai canili e al benessere dei cani.

Se volessimo il bene dei cani non accetteremmo di lavorare come educatori cinofili nei canili sanitari o in quelli sovraffollati dove non ci sono strutture idonee neanche per lo sgambamento del cane.

Che tipo di valutazione e di lavoro è possibile quando il setting è sbagliato?

Se volessimo il bene dei cani non utilizzeremmo la giustificazione del tempo tiranno.

Non è possibile trattare tutti i cani nello stesso modo, non è possibile mancare di comprensione del cane non è possibile perdere l’obiettivo.

L’educatore in canile deve educare, non solo i cani ma la comunità. Deve insegnare, e non con l’orologio al polso, ma con lungimiranza. L’educatore in canile non è ‘un Rambo’. Ci sono tantissime metodologie contemporanee più efficaci e sicure di un collare a strozzo.

Sarebbe corretto per i volontari e per gli educatori sostituire ‘salvare’ con salvarsi.

Stesso verbo ma in forma riflessiva!

Il volontario dedica il suo tempo e lo faccia con volontà, seguendo figure competenti, rimettersi alle decisioni delle stesse, e organizzando con le associazioni di cui fa parte campagne di sterilizzazione a basso costo.
Perché la sterilizzazione è necessaria per ridurre il numero degli abbandoni.

Non ‘salvare né salvarsi‘.

Gli educatori dovrebbero educare non salvare né, tantomeno, salvarsi.

Educare è un privilegio e prevede conoscenza, passione e altruismo

- distante anni luce dal concetto di salvare o salvarsi!

Per i cani sono minacciose queste persone che non conoscono i loro limiti e che, con vecchiume e ostinazione, rendono la situazione immobile, nella stragrande maggioranza dei casi, da almeno 10 anni.